Aiutare l’Italia concretamente

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Prendo spunto dalla grande e coraggiosa idea che ha avuta il Sig. Melani, un presunto signor Nessuno in quest’Italia di codardi. Ebbene il sig. Melani ha comperato questa settimana, pur non essendo un Montezemolo o un Della Valle, una pagina del Corriere della Sera per invitare il popolo italiano ad avere uno scatto d’orgoglio e acquistare, ognuno di noi per quel che può, BOT e BTP del nostro stato, investendo sul futuro nostra, del nostro paese e soprattutto sul futuro dei nostri figli.

Così facendo infischiandocene dei banchieri senza scrupoli della BCE che prima ci hanno trascinato, senza dubbio con il gravissimo concorso di quasi tutte le classi politiche che ci hanno governato negli ultimi 30 anni, in questa situazione ed ora ci scrivono stucchevoli letterine di regole cui noi dovremmo attenerci per non essere svenduti.

Ebbene quella che poteva sembrare la classica “boutade” di un buontempone, agli occhi di tanti nostri connazionali, si sta rivelando qualcosa di ben più serio. Innanzitutto ci sono i numeri che da settimane tento di portare a conoscenza, nel mio piccolo, ai lettori de “Il Dispari”. Sono numeri ben diversi da quelli che Sarkò e la Panzer tedesca vogliono farci credere. Sono numeri che danno l’idea chiara di un paese che ha i suoi problemi ma che non può essere svenduto a gente losca in giacca e cravatta che governa paesi a noi non amici e soprattutto è il sunto di tutte le lobbies che stanno di fatto cercando di strapparci la sovranità nazionale.

Il vero tallone d’Achille dei paesi dell’Euroarea in questo momento non è tanto il debito pubblico complessivo ma quello estero, che è in balia degli umori dei mercati e sotto il tiro della speculazione. Pochi forse sanno che a fine giugno 2010 il debito pubblico estero italiano era di 837 miliardi di euro, inferiore a quello della Germania (978 miliardi) e della Francia (1.037 miliardi). La domanda vera allora è: nel caso limite (e sottolineiamo limite più volte) in cui gli investitori stranieri non sottoscrivessero più il debito pubblico estero, i paesi dell’Euroarea possiedono le risorse finanziarie interne sufficienti per far fronte a una simile eventualità? L’unico cavaliere bianco che in ultima istanza può venire in soccorso ai governi è il sopracitato stock di ricchezza finanziaria netta delle famiglie, non il Pil che è solo un flusso già allocato pressoché integralmente in domanda interna ed estera nell’anno stesso in cui viene generato. In base alla ricchezza, su sette paesi analizzati, solo Irlanda e Grecia non ce la farebbero a evitare il default. Persino Spagna e Portogallo, pur avendo qualche banca pericolante e una crisi economica interna gravissima, che per diversi anni determinerà un netto peggioramento delle condizioni di vita dei loro abitanti, dispongono di uno stock di ricchezza finanziaria netta delle famiglie più che sufficiente per rimpiazzare in tutto o in parte il debito pubblico estero eventualmente non più sottoscritto dagli stranieri. L’Italia ha oggi il più basso rapporto tra debito pubblico estero e ricchezza finanziaria netta delle famiglie, migliore di quello della stessa Germania. Il nostro paese, nell’interesse di tutti gli italiani, farebbe bene a dare ampia risonanza di ciò ai mercati perché forse tanti investitori (e speculatori) non ne sono consapevoli.

Ebbene anche sulla base di queste mie considerazione giunge come per incanto la riposta a tanti amici miei che hanno riso e deriso il sig. Melani nella lettera che riporto testualmente del Dott. Antonio Vigni Direttore Generale del Gruppo Montepaschi Siena al Corriere delle Sera.

 

Caro Direttore,
ringrazio il signor Melani per aver dato il via ad una iniziativa molto utile per ritrovare uno spirito comune che, da un semplice messaggio positivo, può far nascere qualcosa di veramente concreto per il nostro Paese. In un momento difficile come questo è normale che gli istituti di credito siano in prima linea. Lo sono stati sempre, anche in questi anni, acquistando i Buoni del tesoro, sostenendo il debito pubblico, venendo incontro alle famiglie ed alle imprese con iniziative che hanno avuto il merito di mitigare, per quanto possibile, gli effetti della crisi.

L’Italia è un grande Paese, con una struttura industriale e d’impresa tra le più importanti nel mondo a cui si aggiunge la forza delle famiglie, con una propensione al risparmio che è l’elemento di sicurezza in più rispetto ad economie che in questo momento sembrano ottenere maggiore fiducia da parte dei mercati. Se non è solo una questione di numeri ma anche di percezione, uno scatto d’orgoglio da parte di tutti gli italiani, banche, imprese e cittadini, può essere la svolta per il doveroso cambiamento di atteggiamento nei nostri confronti. Le decisioni adottate a livello europeo penalizzano ingiustamente l’Italia e chi ha scelto di puntare sulla sua affidabilità attraverso i titoli di stato. Cambiare le regole in corsa, in un quadro economico pieno di difficoltà, non è un mero esercizio contabile ma un’operazione che rischia di avere conseguenze pesanti su una realtà tradizionalmente abituata ad appoggiarsi sull’industria bancaria. Ma c’è ancora tempo per rivedere le linee di indirizzo su cui si basano gli esercizi sul capitale e per questo confidiamo sulla sensibilità dei regolatori, ritenendo fondate le nostre argomentazioni.

 

Aderiamo volentieri, come Gruppo Montepaschi, ad una giornata dedicata al «debito italiano», azzerando le commissioni nei confronti di quanti vorranno acquistare i titoli recandosi in una delle nostre 3.000 filiali. Siamo infatti convinti che non ci potrà essere una ripresa se il problema non sarà affrontato, così come deve essere chiaro che non esiste crescita senza il supporto fondamentale delle banche. È quindi necessario che queste ultime non siano messe nell’impossibilità di svolgere la loro storica, tradizionale, funzione.

Antonio Vigni (Direttore Generale Gruppo Montepaschi)

L’ho detto io e sono sembrate “cazzate” mi auguro che qualcuno che pensa in maniera “politicamente corretta” dia almeno credito a questa missiva.

 

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