Cinquantenni, una risorsa…

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Perdere il lavoro a cinquanta anni è un’eventualità che sta diventando troppo frequente. Ed alle nostre latitudini e segnatamente sulla nostra isola, abituata negli anni scorsi a non dover convivere con questa problematica la cosa è divenuta ulteriore causa di stress e di instabilità. In realtà il lavoratore ischitano ogni anno mette in preventivo il proprio licenziamento con la chiusura annuale delle strutture ricettive. Il problema gravissimo è che con l’attuale crisi corre quotidianamente il rischio di essere chiamato dalla propria azienda, che si trova spesso costretta alla riduzione del personale, per essere avvisato della mancata riassunzione.

Tra giovani che non riescono ad inserirsi stabilmente nel mercato del lavoro e cinquantenni espulsi da impieghi fissi per inesorabili modifiche dei processi produttivi, l’Italia sta diventando non più il Belpaese, ma un paese cattivo, cinico, popolato da disoccupati, poveri e precari. Stanno male i ragazzi precari e stanno male anche i cinquantenni che lo diventano.

Anche questa settimana parliamo dei secondi. Se un trentenne single non può costruirsi un futuro perchè lavoratore precario, il cinquantenne con moglie e figli giovani spesso da mantenere, una volta perso il lavoro, vede il proprio futuro distrutto.

I lavoratori di mezza età faticano ad inserirsi nel mondo del lavoro dopo un licenziamento, le aziende spesso accampano scuse come l’essere troppo vecchi per quel lavoro o non intenzionate ad assumere, quando in realtà preferiscono il giovanotto di belle speranze figlio di famiglia che si accontenta anche di uno stage per fare curriculum, trascurando il ruolo determinante dell’esperienza maturata dal lavoratore più adulto. E già, in Italia ed Ischia non fa tristemente eccezione, lo sappiamo, non contano il merito e l’esperienza, ma la convenienza ed il potere del denaro.

Come convincere, dunque, un’azienda ad assumere un cinquantenne?

Purtroppo ad Ischia alla mancanza di strategie complessive e di sistema tese al recupero dei numeri che in passato hanno contrassegnato la nostra economia turistica, si affianca l’immaturità e la pochezza delle organizzazioni rappresentative dei lavoratori. Queste oramai altro non sono che avvoltoi in attesa di squartare il cadavere del lavoratore e delle aziende  nelle transazioni di fine anno.  E questa transazioni altro non sono che una piccola assicurazione per le aziende che spesso in passato si sono viste vessate da vertenze sindacali che, tranne in qualche raro caso, altro non erano che pretestuosi e fantasiosi conteggi favoriti ed ingigantiti da acquiescenti  ed interessati sindacalisti ed avvocati.

Ma può essere questo il ruolo di una organizzazione dei lavoratori in un momento tanto difficile e delicato per tutti? O piuttosto ad una tale organizzazione sarebbe preposto il tentativo e la proposta di discutere di piani aziendali, di crescita sostenibile del territorio e della sua economia?

A tale proposito porrei una domanda a costoro che oggi di tutto si occupano tranne che di sviluppo e aumento dei posti di lavoro.

Come convincere un’azienda ad assumere un cinquantenne?

Semplice, citando la legge ed i suoi benefici. Un cinquantenne può reinserirsi nel mercato del lavoro tramite il contratto di inserimento, secondo quanto previsto dagli articoli 53-54 del decreto legislativo 276/2003, in quell’anno non è stata varata solo la famosa legge 30, o l’impropriamente detta legge Biagi, ma anche una normativa che prevedeva l’inserimento lavorativo di alcune categorie di lavoratori, come, appunto,  i cinquantenni. “Il contratto di inserimento deve essere stipulato contestualmente all’adozione di un “progetto individuale d’inserimento” previsto per  favorire le assunzioni delle seguenti categorie di lavoratori: donne; soggetti di età compresa tra i 18 e i 29 anni; disoccupati di lunga durata da 29 fino a 32 anni; lavoratori con più di 50 anni, senza un posto di lavoro; lavoratori che non hanno lavorato nell’ultimo biennio e che intendono riprendere l’attività lavorativa.

Le modalità di definizione del piano di inserimento devono essere stabilite dai contratti collettivi nazionali e territoriali e dai contratti aziendali. In attesa che la contrattazione collettiva provveda a disciplinare la materia, è stato siglato, in data 11 febbraio 2004, un accordo interconfederale che definisce alcuni elementi del contratto di inserimento necessari per consentirne una prima applicazione. Tra i vari aspetti è stato indicato il contenuto del contratto ed è stata prevista una formazione teorica minima di 16 ore. Per i datori di lavoro che assumano con contratto di inserimento lavoratori appartenenti a queste categorie sono previsti incentivi economici, e contributivi, dai quali sono escluse però le assunzioni riguardanti i giovani dai 18 ai 29 anni. Gli incentivi consistono in una riduzione, pari o superiore al 25%, dei contributi previdenziali ed assistenziali a carico del datore di lavoro, come previsto dalla circolare Inps n. 51 del 16 marzo 2004. L’agevolazione contributiva può essere superiore al 25%, se i lavoratori assunti sono considerati soggetti svantaggiati in base al regolamento n. 2204/2002, e se l’assunzione determina un incremento netto del numero dei dipendenti o riguardare copertura di posti vacanti per dimissioni volontarie, pensionamento per raggiunti limiti di età, riduzione volontaria”. I cinquantenni percipienti di indennità di disoccupazione speciale e iscritti nelle liste di mobilità previste dalla legge 407/90 art. 8, possono anche beneficiare del contratto di reinserimento che prevede la forma del contratto a tempo indeterminato con vantaggi e sgravi per le aziende. Spesso i lavoratori e le aziende sconoscono le leggi e non riescono a sfruttare delle interessanti opportunità normative.

Non sono un esperto del lavoro, mi illudo che lo siano coloro che “rappresenterebbero” i lavoratori e cioè queste forme di associazionismo affaristico che ad Ischia si ha il coraggio oltre che la sfacciataggine di chiamare sindacati.

In questi anni piuttosto che aspettare i cadaveri di fine stagione da spolpare si sarebbero dovuti preoccupare, ma potrebbero farlo ancora, di avvicinare aziende e lavoratori ad un tavolo per favorire occupazione e vantaggi fiscali, reinserendo i lavoratori che rappresentano non un peso ma una ricchezza in termini di esperienza, know-how e moderazione.

Qualità che se sono utili e richieste in qualsiasi settore produttivo sono indispensabili nel campo turistico.

Se ci siete battete un colpo.

Ma non di quelli che si battono per il maggior offerente…

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